Mercoledì 21 Marzo, presso la Libreria del '900 in via Montevideo a Milano, si è tenuta l'iniziativa "Quello che le donne dicono: le politiche sociali di genere dalla teoria alla pratica", promossa dal Circolo SG Imagine e con la collaborazione delle sezioni DS di zona 6. Donne nel mondo del lavoro, nella società e nella politica. Questi i temi focali della serata, in base ai quali si sono snodati gli interventi dei relatori e del pubblico. Percezione culturale delle politiche di genere, conciliazione, rappresentanza...Qual è la situazione attuale? Quali le politiche da intraprendere per un'innovazione reale? L'occupazione femminile in Italia è al 45%; nella maggior parte dei casi il lavoro della donna è semplicemente visto come complementare a quello dell'uomo, necessario per far quadrare il bilancio familiare. Proliferano dunque le assunzioni femminili con contratti flessibili: part time, a tempo determinato, a progetto...una flessibilità povera che ricade a vantaggio delle imprese, non certo delle lavoratrici. Poche le donne presenti a livelli manageriali e imprenditoriali. Paradossalmente, il numero più elevato di "imprese rosa" è al sud, laddove però spesso il nominativo femminile viene sfruttato per motivi fiscali. C'è una scarsa accoglienza sociale della maternità, che viene vista dalle imprese come un ostacolo per l'assunzione, e dalle donne come una mortificazione delle proprie aspirazioni professionali. L'Italia ha inoltre uno dei più bassi indici di natalità di tutta Europa. La legge 53 del 2000, varata dall'allora Ministro della Solidarietà Sociale Livia Turco, riguardante congedi parentali, sostegno della maternità e della paternità, coordinamento dei tempi delle città, è praticamente inutilizzata. Gli enti terriroriali dovrebbero migliorare nell'erogazione di pubblici servizi: trasporti pubblici più efficienti e ad orario di donna, più asili nido, consultori.
Una serie di problemi certamente a livello legislativo, ma anche e soprattutto a livello culturale.Ed è su questo che devono riflettere le nuove generazioni: si può ancora parlare, nel 2007, di una rigida divisione dei ruoli tra uomo e donna, con conseguente rafforzamento del concetto di famiglia "tradizionale"? Perchè tutta questa difficoltà da parte dell'uomo di vestire un ruolo considerato più femminile all'interno del nucleo familiare? C'è un'inversione di tendenza e un cambio di mentalità nelle nuove generazioni? E infine, in quanto organizzazione politica giovanile, vale la pena di discutere in questa sede sul ruolo e le modalità di porsi delle donne in politica. Interessante e squisitamente provocatorio, a mio parere, l'intervento di Emma in proposito. La politica ha tempi e orari tipicamente maschili. Riunioni infinite, spesso eccessivamente. Per una donna è difficoltoso calarsi in schemi ritagliati a misura d'uomo: a casa c'è una famiglia che aspetta, è pericoloso tornar tardi alla sera, alle riunioni sono tutti maschi...sembrano banalità, ma molte volte questi sono i motivi che scoraggiano una ragazza ad accostarsi attivamente alla politica! E allora perchè non utilizzare di più, ad esempio, gli strumenti che la tecnologia offre? Perchè non osare di più nell'innovazione anche in questio senso, senza tuttavia perdere il piacere del confronto diretto? Le donne in politica tendono inoltre a "mascolinizzarsi", a rinunciare alla propria femminilità, perchè considerata sintonomo di fragilità e di debolezza. Ma quanta ricchezza e innovazione potrebbe portare nelle politica la sensibilità femminile? Magari un modo di far politica basato di più sul dialogo, sulla mediazione, sul pragmatismo, senza perdere in determinazione. E inoltre che cosa a proposito di "quote rosa"? Necessarie per promuovere un cambiamnento anche dall'alto o meccanismo svilente per le donne?Spero di aver offerto degli spunti di dibattito interessanti.);
Una serie di problemi certamente a livello legislativo, ma anche e soprattutto a livello culturale.Ed è su questo che devono riflettere le nuove generazioni: si può ancora parlare, nel 2007, di una rigida divisione dei ruoli tra uomo e donna, con conseguente rafforzamento del concetto di famiglia "tradizionale"? Perchè tutta questa difficoltà da parte dell'uomo di vestire un ruolo considerato più femminile all'interno del nucleo familiare? C'è un'inversione di tendenza e un cambio di mentalità nelle nuove generazioni? E infine, in quanto organizzazione politica giovanile, vale la pena di discutere in questa sede sul ruolo e le modalità di porsi delle donne in politica. Interessante e squisitamente provocatorio, a mio parere, l'intervento di Emma in proposito. La politica ha tempi e orari tipicamente maschili. Riunioni infinite, spesso eccessivamente. Per una donna è difficoltoso calarsi in schemi ritagliati a misura d'uomo: a casa c'è una famiglia che aspetta, è pericoloso tornar tardi alla sera, alle riunioni sono tutti maschi...sembrano banalità, ma molte volte questi sono i motivi che scoraggiano una ragazza ad accostarsi attivamente alla politica! E allora perchè non utilizzare di più, ad esempio, gli strumenti che la tecnologia offre? Perchè non osare di più nell'innovazione anche in questio senso, senza tuttavia perdere il piacere del confronto diretto?Le donne in politica tendono inoltre a "mascolinizzarsi", a rinunciare alla propria femminilità, perchè considerata sintonomo di fragilità e di debolezza.Ma quanta ricchezza e innovazione potrebbe portare nelle politica la sensibilità femminile? Magari un modo di far politica basato di più sul dialogo, sulla mediazione, sul pragmatismo, senza perdere in determinazione. E inoltre che cosa a proposito di "quote rosa"? Necessarie per promuovere un cambiamnento anche dall'alto o meccanismo svilente per le donne?Spero di aver offerto degli spunti di dibattito interessanti.
A voi la parola!
Alida
Pensieri...
Qualche mese fa ho partecipato ad una di quelle iniziative dal titolo “Donne in politica”, un ciclo di incontri che, come è facile intuire, approfondivano il tema della partecipazione politica femminile. C’è chi pensa che incontri di questo tipo scadano inevitabilmente nell’autoreferenzialità. Può darsi che ci sia, questo rischio. Ma a me quelle riunioni sono servite, ad esempio, per captare gli umori, le sensazioni, le reazioni istintive di rappresentanti del mio genere. Cose che a volte solo tra donne emergono. Il fatto più interessante era che molte di quelle donne non facevano politica (eppure erano lì!), e spiegavano perché.
Non che noi donne si abbia sempre e comunque un maggiore senso pratico infuso. Non sempre, non è detto. Ma, storicamente, la donna è abituata ad occuparsi di tutto, a prestare attenzione a tutto. Ecco perché i giri di parole, le formule rituali vuote, i meccanismi inutilmente, ma inossidabilmente contorti sono mal tollerati dal popolo femminile. E la politica spesso è proprio questo: spreco. Di tempo, di risorse, di energie. Ciò che manca di senso, di pienezza, di tangibilità, di corposità, di succo, infastidisce le donne. Le donne che hanno cura di tutto, che osservano, che scavano la realtà, che la sintetizzano, che con raffinatezza la semplificano, per riuscire a tenere insieme e a gestire esistenze affollate e complicate.
Le donne più di tutti, chiedono una politica snella, che sappia ascoltarle e che rispetti e valorizzi quel tempo, così prezioso, che esse scelgono (sceglierebbero) di dedicare all’impegno comune. Le donne vogliono partecipare. Ma partecipare a che cosa?
L’Italia è un Paese in cui la dimensione collettiva, il bene comune, i beni comuni sono vissuti con una sorta di schifata diffidenza, come una fregatura. E se pensiamo alla storia del nostro Paese non c’è da stupirsene: una di dominazione subita. In cui lo stato, il potere, è quello che frega il cittadino. Di conseguenza, il cittadino si difende tentando a sua volta di fottere lo stato. Manca senso comune, in Italia, manca senso di comunità.
Le donne sono quelle che di fregature ne hanno subite più di tutti. E ancora oggi, quello che avvertono è un sistema poco giusto e poco efficiente. A che cosa dovrebbero partecipare? Ad una cosa sporca, ingiusta, iniqua, indifferente? So che è un ragionamento semplicistico, ma il concetto - striminzito, sì - è questo.
Allora il punto è che certamente la scarsa partecipazione politica femminile è un fatto culturale, e che la legge non basta a cambiare le cose. La cultura però, per cambiare da sè, ha bisogno di molto, molto tempo. La legge può accelerare i processi, ma non solo: può impostare delle direzioni, fissare dei principi. Non penso soltanto alle quote rosa, che sono più che necessarie (nella mia società ideale non avrebbero ragione d’essere, ma questa non è la società dei miei sogni). Penso ad una serie di politiche di attenzione alle persone. Di più: di modi approcciarsi alle questioni politiche, che riguardano la vita di milioni di persone, più delicati, più rispettosi.
Mi chiedo quali possano essere i sentimenti delle donne che hanno a che fare con una legge indegna come quella sulla procreazione medicalmente assistita: quella è proprio la legge di uno stato che sghignazza con la soddisfazione di umiliarle, di punirle, di prendersi gioco del loro dolore. Mi chiedo cosa pensino, intimamente, tutte le donne che come me usufruiscono dei consultori pubblici, sempre più immiseriti, sempre più a corto di personale e di finanziamenti. I consultori che sono i luoghi dove una donna si prende cura di se stessa, della sua salute fisica e psicologica, del proprio corpo e della propria serenità. Mi incazzo se penso a quante cattiverie (sì, cattiverie) si urlano ogni giorno contro i DICO, e scrivendo queste righe riletto sul fatto che sono soprattutto le donne a rimanere, ancora una volta, fregate dalla iusdeficienza (insufficienza di diritti civili) di cui soffre questo Paese: perché se due persone vivono insieme per trent’anni senza sposarsi e uno dei due partner viene a mancare l’altro non eredita nulla. Se poi a morire è l’uomo spesso la donna è distrutta due volte, perché ancora oggi economicamente parlando la parte forte della coppia è il maschio.
Perciò facciamole, le nostre battaglie per una politica più giusta, più rispettosa, più attenta. Nei modi e nei contenuti. E sarà una politica più partecipata, che le donne desidereranno vivere.
Vittoria
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6 commenti:
tanti temi avete messo e tanti temi sono stati trattati nell'iniziativa.
Molto brava alida nell'introdurre.
Interessante e "provocatorio" l'intervento di emma, che ha detto, secondo me giustamente, che bisogna fare un cambiamento culturale e strutturale della politica, non bastano quote rosa o quote panda.
Non sono convito che le sole donne siano depositarie di un modo di fare politica più moderno e insofferente per le riunioni fiume e inconcludenti. Penso che un po' tutti noi giovani abbiamo questa mentalità ed è per questo che, come si dice, i giovani sono lontani dalla politica. Dovrebbe esserci un'alleanza!
E' vero che le poche donne che riescono ad emergere sono di altissima qualità. La cosa assurda è che, per farle un complimento, si dice che "hanno le palle" o le "spalle larghe"...
Sono pienamente d'accordo sul fatto che la nostra società sia ancora ancora allo schema: uomo che lavora e donna che sta a casa, o comunque è lei che rinuncia a qualcosa sul lavoro o addirittura rinuncia al lavoro quando ci dovesse essere la necessità. Questo va cambiato, con una maggiore condivisione di oneri e responsabilità familiari. Anche qui il processo non può essere immediato.
Le leggi, la iusdeficienza, come dice vittoria, vanno migliorate, ma non bastano le leggi a cambiare la mentalità e la cultura.
Come mai, paesi che 50 anni fa erano come noi, cioè con scarsa presenza femminile, oggi sono avanti anni luce? Non può essere stata solo una questione di leggi.
Cambiare la società è un'ambizione più grande e non è solo la politica a farsene carico, perlomeno, non solo i partiti.
Purtroppo in questi giorni la mia (limitata) massa cerebrale è del tutto assorbita dalle curve di spesa aggregata e dal moltiplicatore semplice del mio imminente esame, quindi non riesco ad articolare un contributo al dibattito come vorrei.
Secondo me un punto fondamentale che ho colpevolmente mancato di sottolineare l'altra sera è la questione della qualità e della capacità. Del MERITO, per dirla con un'espressione a cui ci stiamo (finalmente!) affezionando anche a sinistra.
Credo che obiettivo fondamentale della nostra generazione debba essere quello di affermare meccanismi di selezione della classe dirigente che basino la loro azione sulla verifica delle capacità degli individui e sull'effetiva promozione di quelli più bravi. E questo deve avvenire indipendentemente dalle caratteristiche di questi ultimi. Se un giovane è bravo va promosso, se una donna è brava va promossa. Non è automatico che un giovane sia da promuovere perchè giovane e che una donna sia da favorire perchè donna. Quello che ci deve premere è che il fatto di essere giovani o donne non costituisca un ostacolo, questo sì. Ma stiamo attenti a non far passare il meccanismo che le donne siano "più preziose" in politica, in quanto donne. Che siano un fattore di apporto positivo sempre e comunque. Questo significherebbe reagire ad una discriminazione inserendo un criterio apodittico con pretese di validità assoluta, cosa che è molto distante dalla nostra idea del mondo e della politica.
Quando dico che bisogna modificare i modi "alla base", nelle sezioni, nelle abitudini della politica di tutti i giorni, intendo affermare la necessità di una politica che sia più vicina alla realtà (e in questo ha ragione Alberto, non sono solo le donne ad avvertire l'asfissia di certe liturgie della politica, ma i giovani in generale).
Un punto interessante è quello che ha affermato Francesco Fasano nel suo intervento e ruota attorno ad una considerazione più attenta dell'INDIVIDUO, prima ancora che delle relazioni sociali in cui è inserito.
Chiudo con un paragone che forse disturberà qualcuno, ma che secondo me è esemplificativo. Ho sempre pensato che il grave errore del "socialismo reale" sovietico e dei regimi comunisti, fosse quello di voler ottenere l'uguaglianza di tutti all'interno dello Stato livellandone le condizioni di arrivo. Stabilendo strutture di "inscatolamento" sociale che uniformassero le condizioni economiche di tutti, indipendentemente dalle competenze, dalle caratteristiche di ognuno. La mia idea di uguaglianza invece ha sempre ruotato intorno alla necessità di garantire pari opportunità per tutti ALLA PARTENZA. Al figlio dell'operaio e a quello del dottore, per usare un'immagine che ci è cara. Poi vinca il migliore(garantendo a quello che non è "il più bravo" un'esistenza degna e tutelata, ovviamente).
Ecco, per me anche la questione femminile dovrebbe essere vista in quest'ottica. Con un'apertura delle condizioni alla base, alla partenza, non con le quote che garantiscano l'arrivo. E poi, che vinca il migliore :-)
Devo dire che secondo me è stata una serata veramente istruttiva: non lo dico in quanto organizzata dal circolo di cui faccio parte, ovviamente! Penso che alcuni interventi abbiano mostrato in parte i motivi della scarsa partecipazione femminile: le donne sono più attente all'uso del proprio tempo (vero), l'istruzione e la formazione universitaria può cambiare tutto e scardinare la vecchia impostazione di familia (vero), vi è una mancanza di servizi che rende difficile la partecipazione (vero). Mi chiedo però come abbiano fatto nei Paesi nordici a cambiare le cose in 50 anni (in 50 anni non in due sia chiaro, Emma!) e come mai non siano cambiate in Italia (qualcuno che stimo ha detto "il Vaticano"). Mi chiedo però dove sia finita questa maggiore praticità della donna con l'incredibile insuccesso del referendum sulla procreazione assistita... ricordiamoci che l'anno scorso la destra ha quasi-rivinto le elezioni grazie al numero esorbitante di casalinghe attente alle cose pratiche come la TV, il dibattito alla "Defilippi", le promesse vane di Berlusconi. Anche per questo credo che ciò che dice Emma sulla possibile soluzione, ovvero un maggiore uso degli strumenti informatici moderni (riunioni con web-cam ecc) non sia nè utile nè auspicabile. Ma davvero crediamo che la soluzione sarebbe non vederci più fisicamente? Ma che mondo sarebbe se le persone si rinchiudessero in casa e comunicassero solo via internet e webcam (leggete Asimov-ciclo dei robot-a riguardo)? Non è proprio questo che dovremmo evitare e soprattutto non è proprio questo che stiamo diventando?
Sono d'accordo con voi, però secondo me manca un passaggio. Adesso come adesso, a mio parere, l'uguaglianza delle condizioni di partenza non basta. E non basta proprio per via della questione culturale di cui si parlava. Giovani e donne devono essere VALORIZZATI, PROMOSSI dalla politica. Perchè esiste, nel sistema italiano, un buco nero di democrazia in questo senso. Che taglia fuori le forze più dinamiche ed innovative della società. Non voglio dire che le donne e i giovani siano SEMPRE e comunque migliori, non è questo il nodo della questione. Il fatto è che sulla scena mancano quasi complentamente due punti di vista fondamentali. E allora l'uguaglianza delle condizioni di partenza(una battaglia già di per sè impegantiva e difficile, quasi una rivoluzione) oggi come oggi non è sufficiente. Non a caso al primo comma dll'articolo 51 della Costituzione ("Tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge") è stata aggiunta, nel 2003, una frase significativa: "A tale fine la Repubblica PROMUOVE CON APPOSITI PROVVEDIMENTI le pari opportunità tra donne e uomini". E' un passo in più rispetto alla creazione delle condizioni di uguaglianza. Ed è proprio nella direzione di affremare quel MERITO di cui parla Emma che occorre un passo più lungo, più deciso. Perchè c'è un vuoto di merito che non si colma da sè, neanche quando tutti partiamo dalle stesse opportunità. C'è una sottrazione di ricchezza, un depredamento di energie positive che questo Paese continuamente subisce e che genera un ritardo colossale nello spirito di innovazione e di modernità che tutti desideriamo per l'Italia. Non possiamo aspettare ancora. E non si riduca la questione al tema delle quote rosa. Come ho scritto, l'impegno è quello di costruire un Paese più giusto, più attento, che non solo ti mette "nella condizione di" (dove spesso quella condizione è più formale che sostanziale) ma ti dà una mano.
Ha ragione Vittoria. E' forte lo scollamento tra società civile e classe politica. E di conseguenza spesso il dibattito politico è completamente disancorato dalla realtà.
Una democrazia si misura anche in base alla capacità di rappresentanza che ha: se i politici sono nella stragrande maggioranza uomini ultrasessantenni, come possono rappresentare me e la mia generazione?! Come possono cogliere quei cambiamenti che avvengono alla base della società, quelle istanze, quei bisogni concreti, quelle necessità quotidiane per poi tradurli in termini legislativi? Mai come in questo periodo la società è qualcosa di così magmatico, mutevole...e con essa i suoi bisogni, che devono essere saputi cogliere.
Occorre investire sui giovani, in una prospettiva di lungo periodo. E le aperture alla base, mi spiace, ma non sono sufficienti. Perchè in Italia, mi rincresce dirlo, il merito non è sufficiente.
Sono battaglie da condurre su un duplice fronte. Dal basso, sì, ma anche dall'alto. Perchè la legge deve promuovere azioni positive per realizzare la parità. Perchè secondo me é una questione di democrazia SOSTANZIALE, e deve essere approcciata in modo lungimirante, i risultati della promozione di un cambiamento culturale anche dall'alto (non solo, ovvio) si vedranno solo nel lungo periodo.
Serve sia un'intervento "dall'alto" e legislativo, che un cambiamento della società e "dal basso".
Le politiche dall'alto devono fare attenzione a non essere mero "quotismo", come se il problema fosse quello, ma indirizzate a promuovere il cambiamento sociale.
Ci vogliono scelte coraggiose, l'ho scritto sul mio blog: mi piacerebbe avere un leader del partito democratico giovane e donna. Almeno una carica delle 4 più importanti (presidente della repubblica, del senato, della camera e presidente del consiglio) dello stato che sia donna.
Non vorrei che alle prossime elezioni ci siano candidati premier 60-enni (se va bene...).
Queste sono scelte coraggiose che possono dare una mano, ma non sufficienti.
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